I mercati di Gennaio 2019

Investment Advisory

Il nuovo anno è iniziato con un forte recupero delle attività rischiose: dopo aver registrato il peggior mese di dicembre dal 1931, l’indice S&P 500 ha archiviato il miglior mese di gennaio dal 1987.
​​​L’impennata dell’avversione al rischio e della volatilità che ha contraddistinto le ultime settimane del 2018 ha lasciato il posto ad un clima più sereno e costruttivo. Si è trattato in parte di un rimbalzo fisiologico: la massiccia ondata di liquidazioni di attività rischiose che si è verificata ha spinto gli indicatori tecnici in condizioni di estremo iper-venduto e le valutazioni a livelli storicamente depressi. Ma a risollevare la fiducia degli investitori è stata una molteplicità di fattori: gli apparenti progressi nelle trattative commerciali fra Stati Uniti e Cina, il moltiplicarsi delle misure di stimolo all’economia da parte delle autorità cinesi e soprattutto le aperture della Federal Reserve ad una maggiore flessibilità nella gestione della politica monetaria. Degno di nota il fatto che l’apprezzamento delle attività rischiose non sia stato accompagnato da un indebolimento delle attività rifugio (obbligazioni governative core, oro e yen), a testimonianza del fatto che gli elementi di incertezza presenti sul campo restano significativi, sia sul fronte dello scenario macro che degli sviluppi politici. 

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Più in dettaglio, le obbligazioni governative hanno offerto rendimenti positivi, complice la perdurante debolezza dei dati macro fuori dagli Stati Uniti e l’adozione di una retorica conciliante da parte delle Banche Centrali: Draghi ha rivisto al ribasso i rischi per la crescita europea, mentre Powell ha eliminato dal comunicato ufficiale il riferimento ad ulteriori rialzi dei tassi, dichiarandosi pronto ad alterare dimensione e composizione del bilancio se necessario. In apprezzamento anche i Titoli di Stato italiani, nonostante i dati deludenti sulla crescita e l’ondata di nuove emissioni: i tassi sui BTP decennali hanno raggiunto quota 2,60% e il differenziale di rendimento rispetto al Bund i 240 punti base.

L’aumento generalizzato della propensione al rischio ha consentito alle obbligazioni societarie di registrare performance positive, specie sui segmenti più speculativi: lo spread del comparto high-yield in dollari si è contratto di quasi 100 punti base, il maggior calo dal 2011. Andamento particolarmente positivo anche per le obbligazioni dei Paesi Emergenti, sostenute dal calo dei tassi americani e dall’indebolimento del dollaro. 

I mercati azionari hanno chiuso il mese con performance decisamente brillanti e volatilità in calo. Ad offrire le soddisfazioni maggiori Cina e Stati Uniti, con l’indice S&P 500 e il NASDAQ che hanno registrato le migliori performance mensili rispettivamente da ottobre 2015 e ottobre 2011. Meno premianti l’India, penalizzata dall’incertezza pre-elettorale e il Regno Unito. A livello settoriale gli investitori hanno privilegiato i settori ciclici: industriali ed energia negli Stati Uniti, consumi discrezionali in Area Euro.


I mercati valutari sono stati caratterizzati dall’apprezzamento della sterlina (figlio degli sviluppi sulla scena politica) e dalla forza delle divise legate alle materie prime e di gran parte delle valute dei Paesi Emergenti, con il ridimensionamento del pessimismo sulla crescita globale quale driver principale. Il rapporto di cambio fra euro e dollaro ha continuato a mostrare scarsa direzionalità. ​
Performance positive per la gran parte delle materie prime, con il petrolio in evidenza. Dopo il crollo del quarto trimestre del 2018, il greggio ha ripreso quota sull’aspettativa di un riequilibrio del mercato, favorito dai tagli di produzione dell’OPEC e da un rafforzamento della domanda (l’Agenzia Internazionale per l’Energia prevede un’accelerazione guidata dalla maggiore convenienza dei prezzi, che dovrebbe mitigare l’impatto del rallentamento dell’economia).  

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