Nel corso del 2024, il flusso di dati macro ha ulteriormente confermato il nostro consolidato ottimismo sulla ripresa post-pandemica. Gli Stati Uniti continuano a guidare la crescita tra le economie avanzate, mentre a livello globale il mercato del lavoro sta ritrovando il suo equilibrio: sia il tasso di disoccupazione che gli indicatori sul fronte dell'offerta, come le aperture di nuove posizioni e i posti vacanti, sono ormai tornati ai livelli pre-COVID. L'inflazione prosegue lungo il sentiero di decelerazione e avvicinamento ai target dalle Banche centrali, molte delle quali hanno avviato un processo di graduale normalizzazione dei tassi di interesse.
Nel nostro orizzonte di previsione (2025), le politiche proposte dal neoeletto Presidente Trump non dovrebbero esercitare un impatto rilevante sullo scenario centrale, almeno per la prima parte dell'anno: il possibile avvio di una guerra tariffaria globale avrebbe ripercussioni in tempi successivi e costituirà un rischio a partire dalla fin e del 2025. Ci aspettiamo che la crescita globale mantenga un ritmo simile a quello del 2024 e si attesti in media al 2,6%, leggermente al di sopra delle aspettative di consenso. Siamo più ottimisti della media degli analisti sulla crescita degli Stati Uniti (2,3% nel 2025, a fronte di una stima di consenso dell'1,9%) e più cauti sull'Area Euro (1,0%, rispetto all'1,2% del consenso), mentre prevediamo per le altre principali economie tassi di espansione su livelli intermedi. In Cina, le prospettive di crescita dipenderanno in larga parte dall'entità del sostegno offerto dalle Autorità e dalle scelte dell'Amministrazione Trump in tema di politica commerciale.
In questo contesto, non pensiamo che l'esito delle elezioni statunitensi possa interrompere il processo di normalizzazione delle politiche economiche attualmente in corso, e ci aspettiamo che la maggior parte delle principali Banche centrali continui ad allentare significativamente la stretta monetaria.
La Federal Reserve, in particolare, è impegnata in un ciclo di tagli disinflativo e prevediamo un allentamento di complessivi 125 punti base entro la fine del 2025. Tuttavia, sebbene la direzione sia chiara, il ritmo è soggetto a margini di incertezza: le continue sorprese al rialzo nei dati sulla crescita reale potrebbero alimentare timori di un rallentamento del processo di disinflazione, e non si può escludere una pausa a dicembre.
Sull'altra sponda dell'Atlantico, la Banca Centrale Europea dovrebbe tagliare i tassi di 25 punti base ad ogni riunione fino a giugno 2025, portando il tasso sui depositi al 2%; il rischio è che nel secondo semestre si scenda sotto il livello di neutralità, se la crescita dovesse indebolirsi più del previsto e/o l'inflazione core calare più rapidamente.
In Cina, la Banca Popolare Cinese continuerà ad allentare la politica monetaria di pari passo con il potenziamento degli stimoli fiscali, per massimizzare il sostegno all'economia. Ci aspettiamo un taglio di 50 punti base del coefficiente di riserva obbligatoria (RRR) e una riduzione di 20 punti base del tasso reverse repo entro fine anno, seguiti nel corso del 2025 da altri 50 punti base di tagli del RRR e 40 punti base di tagli dei tassi di riferimento per i prestiti.
FOREWORD – ASSET ALLOCATION
MERCATI OBBLIGAZIONARI – Dopo un anno di performance ancora deludenti, siamo moderatamente più costruttivi sui mercati obbligazionari nel 2025 e ci aspettiamo ritorni migliori che nel 2024. Negli Stati Uniti, in particolare, i rendimenti storicamente elevati rappresenteranno la maggior fonte di reddito, mentre lo spazio per una discesa significativa dei tassi è limitato. In Area Euro, una ripresa moderata e una crescita che resterà sotto potenziale potrebbero favorire un calo dei rendimenti dai livelli correnti, in particolare nella prima parte dell'anno. Ci aspettiamo una performance positiva dei BTP, almeno nel primo semestre: una Banca Centrale Europea più accomodante potrebbe essere un fattore di supporto, e non prevediamo un aumento dei rischi idiosincratici che possa alimentare un allargamento significativo dello spread.
MERCATI AZIONARI – Le prospettive per i mercati azionari globali nel 2025 restano positive, grazie innanzitutto al traino di una crescita economica resiliente. La solidità dell'economia statunitense, sostenuta da consumi robusti, dovrebbe garantire una crescita degli utili aziendali superiore al 10%, con un impatto favorevole sulle valutazioni. Sebbene i livelli valutativi di partenza siano superiori alla media storica, infatti, le aspettative di crescita e l'adozione di politiche monetarie più espansive da parte delle Banche Centrali alimenteranno ulteriore ottimismo. In questo contesto, suggeriamo un'allocazione orientata verso i settori Quality e Growth, con una preferenza geografica per gli Stati Uniti, grazie alla maggior solidità macro.
MERCATI VALUTARI – Nel 2025 il contesto macroeconomico globale di lieve rallentamento della crescita dovrebbe continuare a supportare il dollaro contro tutte le altre valute, e l'euro in particolare. Pensiamo infatti che il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, con l'introduzione di dazi doganali prima contro la Cina e poi verso il resto del mondo, avrà come conseguenza principale un rafforzamento del dollaro rispetto alle principali divise. Inoltre, la nuova presidenza americana potrebbe al margine aumentare i rischi di un rallentamento del processo disinflativo verso la fine del 2025, spingendo la Fed ad adottare un approccio più cauto in tema di taglio dei tassi.
COSA POTREBBE CAMBIARE PER IL NOSTRO SCENARIO?
La nostra view costruttiva sul quadro macro e le principali asset class potrebbe essere minata da una serie di fattori, sia di natura regolamentare che geopolitici.
Per quanto riguarda i rischi regolamentari, la vittoria di Donald Trump e l'elezione di un Congresso a maggioranza repubblicana ha aumentato l'incertezza sulla configurazione delle politiche commerciali globali. Durante la sua sanguigna campagna elettorale, il candidato repubblicano ha ventilato l'ipotesi di una tariffa universale del 10% su tutti i beni importati negli Stati Uniti, e del 60% su quelli provenienti dalla Cina. Se queste proposte fossero implementate, i volumi di interscambio si ridurrebbero, con possibili ripercussioni negative per la profittabilità di molte aziende e per l'inflazione. Queste conseguenze potrebbero venire esacerbate in caso di ritorsioni.
Un altro rischio legato alle decisioni della futura Presidenza americana è l'implementazione di misure più stringenti per il controllo e la limitazione dell'immigrazione verso gli Stati Uniti, che deprimerebbero l'offerta di forza lavoro, con potenziali riverberi inflazionistici attraverso il canale salariale.
Da monitorare anche le scelte sulla regolamentazione delle Big Tech americane e della Green Economy, viste le passate dichiarazioni di Trump, assai poco concilianti, sulle società del settore Media & Entertainment (alcune delle quali già al centro della cronaca finanziaria) e dell'energia alternativa. Il tycoon si è sempre schierato a favore delle fonti di energia tradizionali e ha scelto Chris Wright, dirigente di una società legata ai combustili fossili, per guidare il ministero dell'Energia; si parla anche di un nuovo ritiro degli USA dall'Accordo di Parigi sul clima, e del riavvio delle trivellazioni nell'Artico. Oltre agli impatti ambientali, non si possono trascurare le ripercussioni di natura prettamente economica: Trump potrebbe abolire o depotenziare l'Inflation Reduction Act (IRA) approvato da Biden nell'agosto del 2022, che stanziava $433 miliardi, di cui 369 destinati alla produzione di energia nazionale e allo sviluppo delle rinnovabili.
Tra i rischi geopolitici sono sicuramente da annoverare un'escalation dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente, nonché una recrudescenza delle tensioni fra Cina e Taiwan. Quest'ultima ipotesi, oltre ad aumentare la volatilità sui mercati, impatterebbe negativamente sulla produzione di semiconduttori, con conseguenze deleterie per una moltitudine di industrie: dall'elettronica di consumo all'auto, dall'aviazione alle attrezzature sanitarie, e ovviamente l'Intelligenza Artificiale (oltre il 60% della produzione mondiale di chip è concentrata a Taiwan, e la percentuale sale al 90% per i modelli più avanzati).
Altri rischi sono riconducibili alla capacità delle aziende di innovarsi e continuare a sorprendere al rialzo le aspettative degli investitori. Il pericolo maggiore arriva dal mondo dell'Artificial Intelligence (AI), un settore che ha trainato la corsa dei listini azionari americani e globali grazie alle stime ottimistiche sulla crescita degli utili: se queste previsioni dovessero essere disattese, si potrebbe registrare una correzione importante. Un altro rischio prettamente di mercato è quello della liquidità, soprattutto nel mondo dei bond societari ad alto rendimento (high yield): gli spread sono vicini ai minimi storici e potrebbero allargarsi repentinamente in caso di drenaggio della liquidità, con impatti negativi anche per l'asset class azionaria.
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