Fiducia delle imprese in Area Euro ai minimi dal 2013
Ogni mese l'Istituto IHS-Markit effettua un'indagine a campione fra i Direttori Acquisti delle imprese, chiedendo informazioni e opinioni circa l'andamento delle aziende e dell'economia nel suo complesso. Gli indici statistici elaborati sulla base dei dati raccolti sono seguiti con grande attenzione da analisti e investitori, perché offrono un'immagine attendibile e tempestiva della congiuntura economica; un valore superiore a 50, in particolare, è storicamente coerente con una fase di espansione ciclica, mentre un dato inferiore a 50 segnala una potenziale contrazione.
L'indice PMI composito per l'Area Euro relativo al mese di gennaio è sceso a 50.7, il livello più basso da luglio 2013 (quando l'economia europea stava emergendo dalla recessione indotta dalla crisi del debito sovrano). Il dato è coerente con una crescita annualizzata del PIL di circa 0.5% ed è in calo da cinque mesi consecutivi.
I dettagli dell'indagine segnalano con evidenza che il rallentamento cominciato un anno fa nel settore manifatturiero si è ormai esteso al settore dei servizi: i PMI di entrambe le industrie si sono indeboliti e hanno raggiunto livelli di poco superiori alla soglia di 50, rispettivamente 50.5 e 50.8. La fiducia delle imprese, peraltro, è calata in tutti i principali paesi europei.
Il comunicato stampa di IHS-Markit parla di crescenti preoccupazioni per il rallentamento della crescita globale e di un impatto sempre più significativo dell'incertezza politica ed economica sulle dinamiche della domanda e sull'orientamento al rischio dei diversi attori del sistema economico. A deprimere la fiducia delle imprese sono senz'altro fattori globali, Brexit e tensioni commerciali in primis, ma anche sviluppi locali: la crisi politica in Italia, le proteste dei “gilet gialli" in Francia e l'impatto delle nuove normative sulle emissioni inquinanti nel settore automobilistico in Germania.
Per quanto riguarda le prospettive, le componenti dell'indagine a più alto contenuto previsionale non sono rassicuranti: la combinazione di scorte in aumento e nuovi ordini in calo non è di buon auspicio per l'andamento della produzione industriale nel settore manifatturiero, mentre l'indicatore sul nuovo business è sceso sotto 50 nel settore dei servizi. Positivo invece il dato relativo all'occupazione, a testimonianza del fatto che il rallentamento dell'attività economica non si è ancora trasferito alle dinamiche occupazionali. Questo è un punto chiave: la solidità del mercato del lavoro e l'accelerazione dei salari, insieme con le condizioni finanziarie molto favorevoli e il calo del prezzo del petrolio, dovrebbero supportare la crescita dei consumi privati e la domanda interna, riducendo la sensibilità e la vulnerabilità dell'economia europea agli sviluppi globali. Cruciale, però, è un'attenuazione degli elementi di incertezza e dei fattori di rischio che stanno deprimendo la crescita su scala globale, come ha sottolineato Mario Draghi durante il meeting BCE del 24 gennaio.
Per certo, in un contesto di elevata incertezza e crescente focalizzazione delle autorità monetarie sul quadro macroeconomico, l'attenzione degli investitori al flusso di dati sulla crescita sarà sempre più spiccata.
Fonte:
elaborazione ANIMA su dati Bloomberg