Cosa sta succedendo sui mercati. Libano e petrolio: il mercato e il nostro posizionamento. Strategia di investimento: portafogli sostanzialmente neutrali. La reazione delle autorità. I mercati non sono soli.
1. Cosa sta succedendo sui mercati
A partire da metà febbraio, con la diffusione dell’epidemia di Coronavirus su scala globale e l’intensificarsi dei timori in merito ai suoi effetti sulla crescita, le attività rischiose hanno iniziato a subire significative penalizzazioni, complici i risultati estremamente positivi conseguiti nel 2019 e nella prima parte del 2020.
Nelle ultime ore, la combinazione di una serie di shock, alcuni dei quali indipendenti e profondamente diversi per natura e impatto, hanno accentuato l’avversione al rischio degli investitori. Innanzitutto, continuano a intensificarsi i timori per la rapida diffusione del virus, con un marcato aumento del numero di nuovi casi diagnosticati in molti paesi e l’adozione di misure drastiche per il contenimento del contagio in Italia.
Un secondo fattore di allarme, del tutto inatteso e ad alto impatto per gli scenari geopolitici globali, è rappresentato dal mancato raggiungimento di un accordo fra OPEC e Russia sui tagli produttivi nella produzione del petrolio. La rottura dell’alleanza pluriennale lascia presagire una guerra aperta sui prezzi, con l’Arabia Saudita che ha offerto il greggio a forte sconto ai propri partner commerciali e sta pianificando un aumento della produzione. Il petrolio, già sotto pressione per l’aumento dei rischi sulla crescita globale, è crollato in apertura di contrattazioni di oltre il 33%.
Un ultimo sviluppo che ha minato la fiducia degli investitori è stato il default del Libano (benché le criticità del paese fossero note da tempo): il primo ministro ha annunciato che verrà sospeso il rimborso di un’obbligazione con scadenza 9 marzo, per un controvalore di circa 1,2 miliardi di dollari.
Questi sviluppi hanno innescato un drastico aumento della volatilità e le penalizzazioni per le attività rischiose hanno raggiunto proporzioni storiche.
Alle 15:00 ora italiana, le borse europee registravano perdite dell'8-9%, con Piazza Affari in maglia nera a -12% (la correzione giornaliera più profonda dal referendum su Brexit, quando l'indice FTSE-MIB cedette il 12,5%).
Male anche Wall Street: tutti i principali indici sono in ribasso di oltre il 5% e la volatilità è schizzata ai livelli più alti dal 2008.
In forte apprezzamento tutte le attività rifugio: lo yen si sta apprezzando di oltre il 3% rispetto al dollaro (il biglietto verde perde terreno anche contro l'euro), l'oro ha temporaneamente rotto la soglia dei 1.700$/oncia, mentre i rendimenti dei titoli governativi core hanno subito forti pressioni al ribasso: il decennale tedesco sta registrando nuovi minimi storici a -0,87% e quello americano è crollato nella mattinata a 0,40%.
I titoli di stato italiani risentono delle criticità domestiche: i tassi salgono di circa 30 punti base sulle scadenze comprese fra 2 e 10 anni e il differenziale di rendimento rispetto al Bund si è allargato di 45 punti base, raggiungendo a 220 punti base i massimi dall'agosto del 2019.
2. Libano e petrolio: il mercato e il nostro posizionamento.
Pur trattandosi di un momento di eccezionale volatilità e pessimismo, è importante tenere presente che la rilevanza del Libano sui mercati finanziari globali è pressoché nulla. Il paese non è presente nell’indice azionario MSCI Emerging Markets e pesa lo 0.6% negli indici obbligazionari JPM Emerging Markets.
Per quanto riguarda i fondi Anima, c’era una esposizione marginale (coerente con il benchmark) prevalentemente sui prodotti con componente obbligazionaria emergenti – non ci sono quindi impatti significativi.
Con riferimento al settore energetico, il crollo del prezzo del petrolio che si è consumato da metà 2014 a inizio 2016 (circa il 75%) ne aveva già significativamente ridimensionato la rilevanza negli indici finanziari.
Per quanto riguarda i mercati azionari, in particolare, il peso del settore negli indici MSCI World, Emerging Markets, Area Euro e Italia è rispettivamente pari al 4,1%, 6,6%, 4,4% e 11,1%.
Il posizionamento di Anima, peraltro, è di sottopeso rispetto al benchmark sulla gran parte dei prodotti; inclusi i fondi azionari Italia
Per quanto riguarda gli indici obbligazionari, il discorso non cambia: il peso del settore è molto limitato tanto negli indici relativi al debito sovrano dei Paesi Emergenti (circa 2,6%) quanto negli indici rappresentativi degli investimenti in obbligazioni societarie in euro (4,6% per l’indice BofA ML Corporate Bond Investment Grade, 2.3% per l’indice High Yield).
Anche il posizionamento dei fondi Anima è complessivamente limitato.
Complessivamente quindi riteniamo che l’impatto diretto di questo crollo del prezzo sia limitato sui fondi Anima.
3. Strategia di investimento: portafogli sostanzialmente neutrali.
A livello di strategia di investimento, già nel corso del mese di gennaio la view sui mercati azionari (benché ancora positiva) era stata declinata in modo più prudente ed erano state inserite nei portafogli forme di copertura, visto l’emergere di alcuni eccessi a livello di sentiment e posizionamento e le incertezze legate alle primarie democratiche negli Stati Uniti.
Il protrarsi di una certa compiacenza dei mercati di fronte dell’epidemia di Covid19 ha permesso un’ulteriore, strategica, riduzione dell’esposizione all’azionario e un simultaneo aumento dell’esposizione al rischio tasso, in ragione dei quali i portafogli hanno assunto una connotazione complessivamente neutrale.
4. La reazione delle autorità.
Fra le ragioni che supportano una view di mercato moderatamente costruttiva c’è la convinzione che i policy maker globali non saranno insensibili ai bruschi movimenti ribassisti di questi ultimi giorni.
L’unico modo per evitare che l’attuale volatilità si avviti in una contrazione dell’economia reale è che sia la politica fiscale che quella monetaria intervengano in modo deciso.
In continuità con le prime indicazioni giunte da vari governi e banche centrali di paesi sistemici a livello globale ci aspettiamo che le autorità fiscali e monetarie faranno la loro parte.
In particolare ci aspettiamo che metteranno in campo le azioni necessarie a scongiurare che una potenziale crisi di liquidità di breve periodo possa trasformarsi in una ben più duratura crisi di insolvenza, in grado di minare i fondamentali economici globali – peraltro ancora forti a febbraio, come indicato dagli ultimi dati sul mercato del lavoro americano, pubblicati solo venerdì scorso.
5. I mercati non sono soli.
In questo contesto abbiamo deciso di perseguire un atteggiamento cauto, ma razionale; dismettere valore a questi livelli quando è chiara la volontà dei maggiori policy maker globali di evitare che il coronavirus contagi anche le economie mondiali sarebbe inopportuno.
Nel momento in cui il flusso di notizie sull’epidemia dovesse migliorare o l’intervento delle autorità diventare particolarmente incisivo, i fondamentali dovrebbero tornare ad essere un’ancora e si potrebbero delineare opportunità importanti per un investitore professionale.