Trump 2, quale futuro per le politiche sul clima

Mario Noera

Senior Climate Advisor di ANIMA

27.01.2025

Trump 2, quale futuro per le politiche sul clima

Il nuovo presidente degli Stati Uniti sembra voler incentrare la sua azione su altri temi, più distanti rispetto a quelli legati agli investimenti sostenibili. Come potrebbe questo influenzare gli equilibri globali in un momento così cruciale?

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L'atteggiamento della nuova amministrazione americana e le implicazioni per le tematiche ecologiche


Era noto e prevedibile che l'atteggiamento della nuova amministrazione americana si dimostrasse ostile alle tematiche ecologiche, soprattutto alla luce del precedente mandato di Donald Trump. Negli ultimi giorni, gli Stati Uniti si sono ritirati dagli Accordi di Parigi, compromettendo così la collaborazione per eventuali investimenti futuri nei settori "green". Inoltre, sono state cancellate molte delle politiche aggressive promosse dall'amministrazione Biden, che miravano non solo a incentivare le industrie americane legate alla transizione ecologica, ma anche a favorire il rimpatrio di produzioni precedentemente delocalizzate all'estero. Gli impatti sui mercati di questo cambio di rotta sono già visibili: la priorità della nuova amministrazione è concentrata su settori come le tecnologie spaziali e militari, generando un forte impulso sulle quotazioni di questi settori a scapito di quelli legati agli investimenti ESG. Tuttavia, non ritengo che questa strategia possa portare benefici nel lungo periodo, per due motivi principali. In primo luogo, i danni climatici stanno diventando sempre più frequenti e rilevanti, anche nei Paesi occidentali, inclusi gli Stati Uniti. Le Banche centrali – non proprio degli attivisti del clima – stimano che questi danni comporteranno costi di trilioni di dollari. In secondo luogo, tali danni non rappresentano solo degli shock transitori, ma si traducono in perdite di produttività permanenti, in minore  competitività e capacità di crescita economica. Ignorare gli aspetti ambientali e climatici, come il riscaldamento globale e la necessità di mitigare le emissioni derivanti dall'uso di combustibili fossili, può quindi rivelarsi estremamente dannoso per l'economia.



Le questioni ambientali e il contesto geopolitico


Mai come oggi, le questioni ambientali si intrecciano con quelle geopolitiche. In questo quadro, il clima non appare affatto favorevole. Tuttavia, il disimpegno degli Stati Uniti dalle tematiche ecologiche, dal punto di vista industriale, potrebbe rappresentare un vantaggio per altri Paesi. La Cina, ad esempio, possiede già un vantaggio molto significativo in alcune tecnologie fondamentali per la transizione green, come il fotovoltaico, l'auto elettrica e le batterie, e detiene quasi il monopolio delle materie prime necessarie alla rivoluzione digitale (litio, cobalto e nichel, terre rare ecc.). Questo vantaggio, accumulato negli ultimi 20 anni, è destinato a crescere. La Cina non solo potrà accelerare ulteriormente in questi settori, ma potrebbe anche proporsi come nuovo leader mondiale, diventando un punto di riferimento geopolitico per i Paesi che stanno prendendo le distanze dall'alleanza stretta con gli Stati Uniti. La logica geopolitica, dunque, sembra favorire l'espansione cinese. Per questo motivo, non è affatto detto che il disimpegno americano avviato da Trump determinerà un deragliamento della transizione energetica globale. Anzi, potrebbe addirittura farla accelerare e lasciare l'Occidente indietro.


Il ruolo dell'Europa e le sue sfide


L'Europa, in questo scenario, si trova in una posizione molto delicata: è politicamente vincolata agli Stati Uniti ma al contempo è consapevole della necessità di non perdere il treno della transizione ecologica. Ci sono segnali positivi: la Commissione europea e alcuni Paesi membri sembrano determinati a portare avanti la rivoluzione green. I rapporti Letta e Draghi hanno fissato linee guida ambiziose in questa direzione. L'Europa, grazie al Green Deal, si è portata molto avanti sotto diversi aspetti, soprattutto normativi, ma fatica a tradurre questo in un reale vantaggio competitivo. La Commissione si concentrerà su tre obiettivi principali: aumentare la competitività, ridurre il gap digitale e abbassare i prezzi dell'energia. Una delle strategie per raggiungere questi obiettivi sarà incrementare la quota di energie rinnovabili rispetto ai combustibili fossili, i cui prezzi resteranno elevati e svantaggiosi per l'industria europea.

La principale difficoltà dell'Europa è di natura politica. La necessità di prendere decisioni unanimi tra i vari Stati membri rallenta il processo. Per fare un vero salto di qualità, sarà necessario rafforzare le risorse e la governance europea, così da implementare efficacemente le politiche industriali delineate, come sottolineato anche dal Presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen.

 


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