Rinnovate tensioni commerciali e timori sull’evoluzione della crescita economica hanno riportato un clima di avversione al rischio, favorendo l’inarrestabile rally dei mercati obbligazionari e provocando una frenata dei mercati azionari.
Nel mese di agosto l’andamento dei mercati è stato condizionato da un’inattesa escalation delle tensioni commerciali, con Trump che ha annunciato nuovi dazi su 300 miliardi di dollari di importazioni cinesi, applicati in due successive tranches il 1 settembre e il 15 dicembre, e la risposta della Cina che non si è fatta attendere (svalutazione della divisa e imposizione di dazi su beni americani). Al contempo il quadro macro non ha offerto supporto, con dati deludenti specialmente in Cina e Germania. Clima più costruttivo negli ultimi giorni del mese, grazie ai segnali di distensione tra Stati Uniti e Cina, intenzionate a proseguire le negoziazioni nonostante l’inasprimento dei dazi.
In questo contesto, le obbligazioni governative hanno registrato performance molto positive, con gli investitori che sono arrivati a scontare politiche monetarie estremamente espansive ed hanno spinto l’ammontare di bond con rendimenti negativi a livello globale sui massimi storici (17mila miliardi di dollari). In Area Euro, su quasi tutte le scadenze i titoli di Stato hanno fatto segnare i minimi storici di rendimento: in Germania, il Bund decennale è arrivato a toccare -0,71%, mentre il trentennale è entrato in territorio negativo per la prima volta, spingendosi al di sotto di -0,20%. In Italia, la rapida risoluzione della crisi di governo ha consentito ai BTP di registrare la migliore performance tra le obbligazioni governative dell’Area Euro, con il decennale che ha toccato i nuovi minimi storici al di sotto dell’1%. Ben supportate anche le obbligazioni societarie Investment-Grade e High-Yield, che tuttavia sono state frenate da un allargamento dello spread legato all’incertezza del quadro macro europeo.
Andamento particolarmente positivo per i Treasury americani, con il titolo decennale arrivato al di sotto dell’1,5% (non accadeva da metà 2016) e il trentennale al di sotto del 2% (prima volta nella storia).
Le obbligazioni dei Paesi Emergenti hanno risentito del riacutizzarsi delle tensioni commerciali: i bond in valuta forte, nonostante l’allargamento dello spread, hanno beneficiato del rally dei governativi USA; mentre quelli in valuta locale hanno sofferto per la debolezza delle divise.
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L’avversione al rischio degli investitori ha penalizzato i mercati azionari, in particolare quelli caratterizzati da una maggiore sensibilità al ciclo economico globale ed ai rischi connessi allo scontro tra Stati Uniti e Cina, come Giappone e Paesi Emergenti.
Forte recupero per il mercato italiano, che registra una modesta performance negativa, grazie agli sviluppi politici. Regno Unito peggior mercato, appesantito dagli incerti sviluppi sul fronte Brexit.
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Mercati valutari caratterizzati da un generale rafforzamento del dollaro e dalla debolezza dell’euro, con il primo supportato dal clima di avversione al rischio degli investitori. In questo contesto, ha brillato lo Yen, favorito dallo status di valuta rifugio.
I timori sulla crescita globale derivanti dalle tensioni commerciali hanno significativamente penalizzato petrolio e rame. L’oro al contrario ha tratto vantaggio non solo dai persistenti rischi geopolitici, ma anche dalla discesa dei rendimenti obbligazionari, fattore che mitiga il costo-opportunità legato alla detenzione del metallo prezioso.